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Un giorno come tanti. In pausa pranzo sbircio il mio profilo su linkedin e trovo un messaggio di una società di reclutamento personale.
Mi invitano ad inviargli curriculum e successivamente mi fissano un appuntamento presso di loro.
Ma sì…andiamoci.
Mi siedo in questo ufficio che magari voleva unire il moderno con mobili d’epoca, ma sono riusciti solamente a dare l’impressione di aver rovistato in una discarica.
Tralasciamo il dettaglio.
Attendo 40 minuti.
La mia pazienza vacilla.
Arriva un ragazzo che si presenta dicendo:
“Buongiorno, sono laureato in psicologia e non so nulla di informatica”
Ottimo. Di cosa parliamo?
Mi fa vedere delle macchie e io le dico che immagini vedo?
Lo guardo costernata per un po’. Poi gli suggerisco un
“Senta se mi indirizza su che tipo di cliente si tratta, almeno parlo delle esperienze simili”
Eh? che dici? Dai su.
Mi parla di transazioni monetarie. E quindi gli racconto del mio passato in banca e in assicurazione.
Ovviamente tralasciando i dettagli tecnici, tanto di informatica non sa nulla …..
Mi conferma che il profilo (quale??) va bene per il cliente. Quindi mi ricontatterà per un colloquio tecnico.
Interessante. Contratto offerto? Di cosa parliamo? Chi sta cercando il suo cliente?
“Al colloquio tecnico le diranno”
“Ah”
Sento la mia amica per raccontare l’accaduto. Certe assurdità vanno condivise immediatamente.
“Sa’ ho fatto il colloquio con uno psicologo!”
“Oh poverino, lui come sta?”
Il giorno dopo sono in riunione. Ricevo una loro chiamata. Sgancio.
Richiamano. Sgancio.
Richiamano. Sgancio.
Ecco per 5 volte.
Li odio già.
Finita la riunione li richiamo. La segretaria mi dice
“Ho capito che non poteva rispondere e le ho mandato una mail”
Alla quinta volta? Tesoro che capacità deduttiva avanzata. Un genio proprio. Guarda lì sei sprecata. Credimi.
“Mi può dire cosa riguarda? Non sono davanti ad un pc”
“Si, ecco il cliente le ha fissato un colloquio per domani e si tratta un test di un ora e mezza”
Adesso ti uccido. Ho deciso.
“Le spiego: io LAVORO, non posso dire oggi per domani che non ci sono. Devo garantire la mia presenza in questi giorni. Può spostarlo?”
“Si certo. Le manderò una mail, non le telefono più così non la disturbo”
Brava!!!
Un’ora dopo suona il telefono.
“Guardi le ho inviato la mail”
Tesoro. Io ho fatto il colloquio con lo psicologo. Ma tu hai bisogno di uno psichiatra che ti prescriva qualcosa di forte. Credimi.
Alla fine decido di andare a conoscere questo cliente. Magari è l’agenzia di reclutamento che è pessima.
Di certo la sera alle 17 non ho proprio voglia di fare un test di un ora e mezza, dopo una giornata di lavoro e di treni orripilanti, ma vediamo che offrono.
Avviso il mio capo, con cui ho un ottimo rapporto, che mi dice: “Ma loro lo sanno che sei tu che stai andando a fargli il colloquio?”
Arrivo in zona Naviglio Martesana. Saluto una pantegana con cappotto di Luisa Spagnoli e borsa di Gucci ed entro in questo palazzo.
Chiedo informazioni al portinaio che mi spedisce al primo piano.
Si apre l’ascensore e…
Un corridio e delle porte a vetri.
Sbircio dentro e vedo solo corridoi lunghi e grigi.
Poi mi accorgo che in alto vi è un citofono con una targhetta di plastica.
Suono.
Se ero alta un metro e cinquanta lì non ci arrivavo.
Non risponde nessuno.
Dopo un po’ si sente scattare la porta.
Entro e mi fermo in attesa.
Il nulla.
Corridoi lughi, stretti, grigi, porte chiuse.
Ad un certo punto appare davanti a me una ragazza.
Dopo le presentazioni mi dice
“Aspetti qui”
E mi ritrovo in piedi accanto al boccione dell’acqua, sempre in un corridoio grigio.
Stavolta però ci sono aperte delle porte.
Sbircio.
Stampante per terra. Fogli impilati sopra.
Tazze sporche di caffè ovunque.
Polvere che gioca ad acchiaparella.
Inizio a pensare alle mie salviettine di lisoform nel cassetto della scrivania in ufficio.
Ritorna la ragazza con un signore ciciottello che ricorda gli orsetti del cuore.
Mi invitano a fare il test.
“No. Prima mi spiegate che figura cercate e quale contratto offrite. Perchè non mi è stato spiegato nulla”
“oh”
Mi chiedono di accomodarmi in una saletta, prima ho la brutta, bruttissima, orripilante, idea di andare in bagno.
Pile di vassoi con tazze da té sporche ovunque.
Persino appoggiate sullo sciacquone.
Inizio a controllare se per caso non ci sono scarafaggi che corrono.
Entro nella sala riunioni immaginandomi armata di vaporetto.
Mi siedo contro voglia.
Mi illuminano dicendomi che il loro team informatico si trova in Messico.
Che parlano solo spagnolo (ho mai detto di sapere lo spagnolo? Ovviamente no).
Gli faccio notare che sarebbe impossibile lavorare se non c’è modo di capirsi, sopratutto in ambito monetario. Si parla di interessi, provvigioni, chiusure, bilanci, titoli. Insomma non sono argomenti semplici già quando si parla la stessa lingua. Figuriamoci così.
Loro insistono perchè io gli piaccio. E certo. Non ho dubbi. Ma voi non piacete a ME.
Puntano sul contratto.
Mi offrono contratto del commercio, 1800 netti, per lavorare 7 giorni su 7, 24 ore al giorno senza reperibilità. Perchè devi gestire il team del Messico, ovviamente. Coi fusi orari…..
Li guardo allibita. Non stanno scherzando. Non era una battuta.
Mi dicono: “Vuole fare il test?”
Certo come no.
Sono praticamente scoppiata a ridergli in faccia.
L’orsetto mi saluta e mentre fuggo si lamenta che non trovano nessuno.
MA DAI??????
Mentre mi incammino verso la metro chiamo il mio capo: “Avevi ragione tu. Sono io che ho fatto il colloquio a loro”
“Ti conosco troppo bene“